Perché sto (già) lasciando Substack e..dove andrò
Dopo un corposo approfondimento, ho capito che forse non è questa la "casa" giusta per Fufflix
Come diversi di voi avranno sicuramente letto, ero rimasto molto entuasista di Substack, quasi folgorato dalla prima impressione e…dal “clima” generale che si respira su questa piattaforma, che per me resta assolutamente ancora interessante e valida per diversi aspetti (e tipologie di autori).
Tuttavia, quello che ho scoperto dando ascolto alla mia deformazione professionale, nonostante qui avessi già portato oltre 400 iscritti e 350 euro di abbonamenti nei primi 4 giorni, mi ha imposto una scelta.
Prima di me, un certo Seth Godin si è iscritto appositamente per lasciare questo messaggio:
Ed anche questo interessante articolo firmato da Anil Dash, che va ben oltre la già dibattuta (anche se per lo più negli States) questione delle newsletter neonaziste lasciate libere di prosperare prima di essere “moderate” (solo in parte).
I temi, infatti, sono diversi e tutti di vitale importanza. Più leggevo, più questa piattaforma mi puzzava troppo di “Clubhouse” per l’entusiasmo quasi isterico (al quale ho rischiato di accordarmi anche io) con il quale viene dipinta e proposta e poi ad Onlyfans, per l’iperconcetrazione dei guadagni nella mani di pochissimi autori.
L’APPROFONDIMENTO DEL NEW YORK TIMES
Il primo e forse più importante tema delicato e per me importante riguarda la scarsa trasparenza mostrata in tante (troppe) occasioni dal team di founder dell’app. Come ampiamente dimostrato da questo ottimo approfondimento del New York Times che a mio avviso vale ben oltre i 50 centesimi richiesti dal paywall.
Vi riassumo i punti critici principali:
Scarsa trasparenza nei confronti degli investitori, che non ricevono aggiornamenti finanziari dettagliati dal 2021 (ultimo anno in cui il report approfondito è stato diffuso, segnando un perdita di 22 milioni di dollari)
Apparente insostenibilità del modello di business, basato al momento solamente sulle revenue del 10% prese dagli abbonamenti a pagamento (che apre un altro tema, ovvero l’interesse di Substack di spingere, tramite algoritmo, chi ha newsletter a pagamento o comunque già una community attiva). Substack è in perdita da quando è nato, nel 2017 e a domande specifiche sul perché siano ancora in rosso le risposte non mi sono sembrate convincenti
Alta concentrazione di vip “decaduti” dagli old medium, che da già famosi hanno trovato facile successo sulla piattaforma e dato l’illusione che fosse facile raccogliere tanti iscritti per chiunque. Diversi, sono stati reclutati proprio da Substack per renderla popolare. Nulla di male, ovviamente. Anzi, strategi legitttima al 100%, ma che cozza non poco con i proclami retorici dei founder che approfondiremo più in basso.
Come vedremo da altro ottimo approfondimento, le principali 27 newsletter hanno fatturato be 22 dei 29 milioni totali di revenue registrati nel 2024. E sono, non a caso, praticamente tutte di personaggi divenuti famosi non certo grazie a Substack.
L’IPERCONCENTRAZIONE DELLE REVENUE
Su quest’ultimo aspetto, a mio avviso di cruciale importanza per definire “l’effetto onlyfans” di Substack, che appunto concentra circa l’80% delle revenue nelle tasche di una manciata di autori, c’è quest’ottimo approfondimento del pressgazette.
Anche qui, poi, si denota scarsa trasparenza. In questo caso nella divulgazione dei dati sul numero effettivo di abbonati paganti:
Substack is protective of its subscription figures and few writers on the platform disclose their revenue or number of paying subscribers.
But the site does provide broad descriptions of paid subscriber figures, disclosing that a writer has “thousands of”, “tens of thousands of” or, in one case, “hundreds of thousands of” paying subscribers.
A questi si aggiungono quelli che ho riscontrato personalmente. Ad esempio, almeno nel mio caso, ho dato grande giovamento alle newsletter consigliate, ma ricevuto praticamente nulla da quelle che consigliavano il mio canale (anche perché Substack è una piattaforma dove si parla soprattutto di politica)
Il rapporto, come vedete, è 5 vs 120. Più le newsletter sono grandi e già molto seguite, puù “risucchiano” utenti dai nuovi arrivati e dai più piccoli. In più, i dati sulle fonti dalle quali sarebbero arrivati gli iscritti, sono a mio avviso poco trasparenti e forse finanche “gonfiati” lato Substack. Il fatto che questa piattaforma sia gratuita e che come detto guadagni solo da chi porta abbonati paganti, fa sorgere il legittimo sospetto che il suo algoritmo spinga proprio chi riesce a fare revenue, ergo di base i già noti con già una community florida alle spalle.
E questo potrebbe spiegare anche perché, i già famosi, qui fanno soldi a vagonate praticamente dal giorno 1, mentre la grande maggioranza degli autori fa fatica anche a raccogliere qualche iscritto gratuito e, di fatto, lavora per portare iscritti all’app (ed alle newsletter più famose e “consigliate” anche dall’algoritmo stesso).
LA RETORICA DI HAMISH MCKENZIE
Mi permetto di far notare queste cose, prima di tutto perché sono stato inondato dai post strarerotici del cofounder Hamish McKenzie, che quando parla di Substack dipinge una sorta di luogo fatato e nato per aiutare tutti i creatori di contenuti e fare soldi. In particolare quelli meno noti e più meritevoli, che grazie alla sua creatura si starebbero affrancando in massa dall’intermediazione di giornali, radio e tv. A conti fatti, pare però l’esatto contrario (ed è anche abbastanza normale): sono proprio i grandi e noti personaggi ampiamente “spinti” da radio, tv e giornali ad avere verso successo qui.
Del resto, ci sta: Substack non è una società che fa beneficenza, ha soci investitori che (giustamente) chiedono conto dei numeri lato finanziario. Perché dovrebbe complicarsi la vita cercando talenti sconosciuti, quando può puntare su chi oltre al talento ha già una carriera folgorante negli old medium? O comunque è già famoso online?
Cioè: se tu guadagni solo da chi porta soldi, è anche normale che ci sia un forte interesse a spingere chi riesce bene in questo obiettivo.
Almeno fino ad oggi, i fatti dicono che ogni autore che non porta abbonati paganti rappresenta un mero costo per Substak. L’esperienza, invece, ci dice che ogni volta che si utilizzano gratis piattaforme così evolute e ricche di funzionalità, il prodotto sei tu (e/o i tuoi iscritti). Vero che i contatti mail restano tuoi. Al contempo, però, quelli che vengono dal tuo network personale, sono costretti ad iscriversi all’app, a creare un account qui, con la possibilità di venire poi “bombardati” dal primo momento, per iscriversi alle newsletter più famose e seguire altri autori.
In altre parole, se anche Substack ti porta iscritti, anche tu lavori per portare iscritti alla piattaforma (al contrario di ciò che avviente per alternative come Ghost o Beehiiv, che hanno un costo d’utilizzo, ma non prendono nulla da te a parte i soldi).
I DATI SULLE FONTI: QUANTO MI PORTA SUBSTACK?
Qui di seguito, potete leggere che tra “substack.com” e “substack app”, su un totale di oltre 430 iscritti, circa 150 verrebbero appunto dalla piattaforma. Ammesso sia vero e verificabile in qualche modo (e non lo è), parliamo di un numero di certo discreto ma non eccezionale. E, ne sono convinto, arrivato comunque perché io posseggo già una community da circa 100.000 iscritti tra le varie piattaforme ed ho spinto molto la newsletter appena arrivato.
In sincerità, non so quanto mi stia bene trasferire tutti i miei contenuti su una piattaforma che, esattamente come quelle dalle quali dice di volersi differenziare, per sue esigenze di business, deve tenere te ed i tuoi iscritti al suo interno il più possibile.
Anche con l’uso di un algoritmo che prova ad “inchiodarti” e qui e ti premia in base a quanto tempo ci passi dentro. A proposito: vi ricorda qualcosa questo meccanismo di funzionamento? Sì e…è un “già visto” che non vorrei continuare a vedere.
LA MIA TRASPARENZA E DOVE ANDRÒ
Qui di seguito, invece, vi condivido in massima trasparenza i dati (incoraggianti di sicuro) per i primi 5 giorni di permanenza su Substack. Il 100% del ricavo viene da utenti già miei, mentre come detto su 430 iscritti circa (dei 118 a pagamento 114 sono quelli già abbonati su fufflix.it) circa 150 vengono dalla piattaforma. Il resto sono iscritti portati da me qui, che hanno dovuto tutti crearsi un account ad hoc per potermi seguire, diventando quindi anche utenti dell’app. E ci sta, visto che appunto tutto questo bel sistema non ti costa un euro. Solo. non sono convinto di dover rifare questo cambio: i miei contenuti, dati ed utenti in cambio del “free”.
E quindi, dove migrerò contenuti ed iscritti? Dopo vari test, considerandola al momento la soluzione migliore per chi come me vuole ricreare un vero e proprio magazine e monetizzare da subito i propri lettori, ho scelto ghost.io. Trovate il magazine (ancora assolutamente incompleto) a questo link e potete già iscrivervi alla newsletter se non siete già iscritti qui!
Più funzionalità rispetto a Substack ed una serie di cruciali differenze che per me hanno grande rilevanza, come ad esempio:
Zero iscrizione ad app e siti di terzi per chi vuole iscriversi alla tua newsletter (basta la mail. Fine!)
Praticamente white label: gli utenti hanno l’impressione di navigare su piattaforma tua, proprietaria
Possibilità di scegliere un abbonamento minimo mensile liberamente (qui il minimo impostabile è 5 €)
Possibilità di inserire un periodo di prova gratuita e donazioni libere
Zero fee sugli abbonamenti (il piano giusto per noi costa sui 300 € l’anno)
Template molto belli inclusi
Servizio clienti che pare più rapido ed efficiente
Editor di testo fluido e con più funzionalità
Certo, neppure Ghost è esente da limiti e criticità e di sicuro non è la soluzione ideale per tutti (io stesso continuerò a testarla prima della promozione definitiva).
Il primo, grosso limite, ad esempio, è che non va di moda in Italia e non ha neppure lontanamente la community attiva di Substack. Quindi, se partite da zero, è veramente difficile raccogliere iscritti in lingua italiana che non vi conoscano già.
E poi non ha il sistema di note ed in generale di interazione anche direttamente tra autori che ho tanto apprezzato qui. Il sistema di raccomandazioni c’è, ma parliamo appunto di newsletter scritte solo in inglese.
Al contempo, però, come abbiamo dimostrato, anche Substack stesso non fa (almeno per ora) la differenza per chi vuole monetizzare sul serio e non è già molto seguito (come ad esempio Selvaggia Lucarelli o Stefano Feltri) o ha comunque una buona community di partenza costruita su altri social, che lo seguirebbe ovunque e a prescindere.
CONCLUSIONI
Di sicuro, per chi vede la newsletter come un hobby o comunque un’attività di content da non monetizzare per froza, Substack resta un’ottima scelta. Ha strumenti di community building ed interazione tra membri molto potenti ed intuitivi e, per chi si rivolge al mercato italiano, una community in crescita costante. Ha però diversi lati opachi lato trasparenza finanziaria, un’elevatissima concentrazione delle revenue su una microsfera di “supernewsletter” ed un sistema che costringe i vostri iscritti ad essere anche utenti dell’app.
Ghost, scelta alternativa del momento, costa 300 $ l’anno fino a 1000 iscritti, che quindi bisogna puntare a rendere paganti almeno in parte (ne bastano 10 annuali da 35 euro per ripagare l’investimento). Non ha fee sulle revenue da abbonamento ed offre molti più strumenti ed elasticità nel setting dei piani di abbonamento, lasciando i tuoi iscritti sul serio solo tuoi al 100% e chiedendo loro solo una mail e nessuna iscrizione a proprie app o portali. Di contro, non ha una vasta community italiana su cui contare, né funzionalità per l’engagement tra autori e lettori come le note ed il sistema di raccomandazioni è solo per produzioni anglofone.
Per le nostre esigenze (e per altre questioni già espresse fin qui), comunque sembra ad oggi la soluzione più adatta.
COSA DOVRANNO FARE GLI ISCRITTI QUI SU SUBSTACK?
Voi che state leggendo questa newsletter da iscritti a questo canale, non preoccupatevi: sarete trasferiti (con eventuali abbonamenti pagati attivi) direttamente su Ghost e non dovrete iscrivervi ad altri servizi: riceverete i contenuti direttamente via mail, senza dover fare altro.
Addio 🤣
Un dettaglio che non hai incluso: le nletter via email erano interessanti molti anni fa.
con tutti i limiti da te indicati un luogo dove “cercare” contenuti nel momento in cui ne hai voglia ha un uso diverso dal ricevere la mail o le tante email possibili …